Tre “chicche”, tre diverse esperienze teatrali tra il dramma e la farsa, tre storie diverse, tre momenti significativi dell’arte di Eduardo autore: è questo il senso della proposizione di tre separati atti unici dell’artista partenopeo, che hanno come solo filo conduttore la concezione tutta eduardiana dello spettacolo. Al centro vi è sempre l’attenzione dell’autore per la bizzarria e, al tempo stesso, la normalità delle vicende umane, per le debolezze ed ipocrisie della società del nostro tempo, per la denuncia delle sue miserie morali, accompagnata, tuttavia, da un senso sia pur vago di pietà per i più deboli ed indifesi, di cui si intuisce l’asprezza della lotta per la sopravvivenza, in un contesto in cui anche il destino sembra farsi beffe dell’uomo e delle sue azioni, buone o cattive che siano. La sequenza degli atti unici va a ritroso nel tempo, per cercare di cogliere, alla fine del percorso, l’essenza primordiale del teatro di Eduardo, evolutasi nelle forme col passare degli anni, ma essenzialmente nata, con geniale impronta, dalla vita grama dei teatrini di quart’ordine, origine di ogni successiva riflessione portata successivamente sulle scene: “Dolore sotto chiave”, del 1964, è un testo più apertamente drammatico, anche se temperato da venature di grottesco; “Pericolosamente”, del 1938, è quasi uno scanzonato scherzo teatrale giocato tutto sopra le righe dell’assurdo, ma assai efficace nei suoi meccanismi comici; “Sik-Sik l’artefice magico”, del 1929, è l’esilarante ed umanissima storia del napoletano dedito, più che all’arte, all’arte di arrangiarsi, abituato allo sforzo di fantasia di chi deve inventarsi la vita minuto per minuto, in eterna battaglia contro una sorte il più delle volte avversa. Nell’insieme, un crescendo di effetti teatrali, che portano lo spettatore dai toni del dramma a quelli della più spudorata comicità farsesca, cui non manca mai, come contrappunto, un senso di compatimento per il carattere e la fragilità degli esseri umani.